Dovete sapere che sono una testona. E anche una gran rompiscatole (che culo - direte - tuo marito ha proprio fatto un affarone con te! Eh lo so, non capitano tutti i giorni affari d'oro come questo, ma andiamo avanti). È proprio grazie a queste mie peculiari e ricercatissime doti che un mese fa circa sono riuscita a farmi regalare uno dei libri più belli che io abbia mai letto. Chi è cascato nella trappola, ovviamente, è il mio caro maritino, al quale suppongo di aver talmente frantumato i cosiddetti che alla fine ha ceduto e me lo ha spontaneamente regalato (lo so: è proprio da sposare! Ma arrivate tardi, mi dispiace!). Ma insomma, Qualcuno ha detto "Chiedete e vi sarà dato" e io l'ho solo applicato alla lettera. Che si sia trasformato in "Prendete vostro marito per sfinimento, e vi sarà dato" è solo un trascurabile dettaglio.
Lo so, sì, lo so, sarebbe bastato entrare in una libreria qualsiasi e comprarselo, ma dopo mi sarei sentita in colpa perché Andrea "mi sgrida" quando spendo soldi per cose, a suo dire, inutili. Quindi ho fatto in modo che a spenderli fosse lui. Sono una brutta persona? Ma tanto tanto? Eppure, alla fine in questo modo anche lui ha contribuito a farmi scoprire un vero e proprio tesoro. Quindi non sono poi una persona così brutta, dai. E vabbè, forse è giunto il momento di smetterla col free climbing on the mirrors per passare, finalmente, a parlare di lui:
Ciò che inferno non è
Titolo curioso, ne convengo. Eppure è stata proprio la cosa che mi ha attirato di più di questo romanzo, dopo il nome dell'autore, s'intende. Chi mi conosce sa bene la stima che nutro nei confronti di Alessandro D'Avenia, quindi un suo terzo libro non lo avrei certo mancato (a costo di entrarne in possesso nel modo infame di cui sopra). In più questo suo terzo libro porta un titolo così...d'altri tempi. Ciò che inferno non è. Dico d'altri tempi perché oggi la tendenza è piuttosto quella inversa: parlare dell'inferno, esaltandolo.
Ciò che inferno non è: sarà una storia che parla di paradiso, il contrario dell'inferno. No? Certo che sì. O meglio, si parla dell'inferno, ma come impossibilità di amare. Quindi questa storia parla d'amore. Con ciò, badate bene, non dico che sia un romanzo rosa, quella robaccia da adolescenti. Mancoperidea! Parla dell'Amore con la A maiuscola, il senso ultimo della vita di ogni uomo. E lo fa, magistralmente secondo me, raccontando la storia vera - seppur romanzata - di Padre Pino Puglisi. Un prete, sì, un prete. E CHE prete! A chi non ne ha mai sentito parlare, consiglio di informarsi sulla sua storia prima e poi di leggere questo fantastico romanzo, che ha riportato in vita il grande uomo e il grande sacerdote che è stato. Tanto che ti pare di conoscerlo, di essergli amico, di imparare da lui. E arrivi perfino a piangere alla sua morte.
Sì, perché don Pino è morto il 15 settembre 1993. Ucciso dalla mafia a Brancaccio, un quartiere di Palermo in cui i lupi fanno la tana e gli agnelli insanguinati tacciono perché hanno più cara la vita di ogni altra cosa. E attraverso le pagine di questo splendido romanzo - un sapiente intreccio di prosa e poesia - vieni improvvisamente catapultato per quelle strade, sotto quel sole, in mezzo a quell'inferno. Per scoprire poi che inferno è quando non si può più amare, quando non si può più dare qualcosa di sé e ricevere qualcosa dagli altri.
Leggetelo. È uno dei regali più belli che potreste farvi questo Natale. Ognuno di noi ha bisogno di una storia come quella racchiusa in queste pagine. Una storia intrecciata con la realtà. Non solo con la realtà di Brancaccio e di don Pino, ma con la realtà di ciascuno di noi. Abbiamo bisogno di storie come questa, che ci raccontino qualcosa anche di noi stessi. Fatevi questo regalo.
Vi saluto con un piccolissimo estratto di Ciò che inferno non è. La pagina più bella, secondo me. Una pagina che sarebbe da incorniciare e rileggere tutte le sere. E magari anche tutte le mattine. Per ricordarsi cosa conta davvero in questa vita. Buona lettura e buonanotte a tutti!
Cinque sono le cose che un uomo rimpiange quando sta per morire. E non sono mai quelle che consideriamo importanti durante la vita. [...]La prima sarà non aver vissuto secondo le nostre inclinazioni ma prigionieri delle aspettative degli altri. Cadrà la maschera di pelle con la quale ci siamo resi amabili, o abbiamo creduto di farlo. Ed era la maschera creata dalla moda, dalle false attese nostre, per curare magari il risentimento di ferite mai affrontate. La maschera di chi si accontenta di essere amabile. Non amato. Il secondo rimpianto sarà aver lavorato troppo duramente, lasciandoci prendere dalla competizione, dai risultati, dalla rincorsa di qualcosa che non è mai arrivato perché non esisteva se non nella nostra testa, trascurando legami e relazioni. Vorremmo chiedere scusa a tutti, ma non c'è più tempo. Per terzo rimpiangeremo di non aver trovato il coraggio di dire la verità. Rimpiangeremo di non aver detto abbastanza "ti amo" a chi avevamo accanto, "sono fiero di te" ai figli, "scusa" quando avevamo torto, o anche quando avevamo ragione. Abbiamo preferito alla verità rancori incancreniti e lunghissimi silenzi. Poi rimpiangeremo di non aver trascorso tempo con chi amavamo. Non abbiamo badato a chi avevamo sempre lì, proprio perché era sempre lì. Eppure il dolore a volte ce lo aveva ricordato che nulla resta per sempre, ma noi lo avevamo sottovalutato come se fossimo immortali, rimandando a oltranza, dando la precedenza a ciò che era urgente anziché a ciò che era importante. E come abbiamo fatto a sopportare quella solitudine in vita? L'abbiamo tollerata perché era centellinata, come un veleno che abitua a sopportare dosi letali. E abbiamo soffocato il dolore con piccolissimi e dolcissimi surrogati, incapaci di fare anche solo una telefonata e chiedere come stai. Per ultimo rimpiangeremo di non essere stati più felici. Eppure sarebbe bastato far fiorire ciò che avevamo dentro e attorno, ma ci siamo lasciati schiacciare dall'abitudine, dall'accidia, dall'egoismo, invece di amare come i poeti, invece di conoscere come gli scienziati. Invece di scoprire nel mondo quello che il bambino vede nelle mappe della sua infanzia: tesori. Quello che l'adolescente scorge nell'addensarsi del suo corpo: promesse. Quello che il giovane spera nell'affermarsi della sua vita: amori.
Don Pino non rimpiange nessuna di queste cose. Le ha avute tutte nell'amore. Per lui era già tutto reale, per questo sorride nell'attraversare la soglia.