La buona battaglia, per mettersi in discussione

21:14

E anche quest'anno agosto è arrivato. Non ho intenzione di scrivere un post sui luoghi comuni più comuni che esistano e quindi non dirò "ammazza che caldo". No. Però sappiate che c'è un caldoporcello. Sì, proprio scritto così, tutto attaccato. Rende meglio l'idea. Sono qui che conto i giorni che mancano alla montagna, dove finalmente potrò respirare. Ma non sono qui per parlare di ferie, né di luoghi comuni, dicevo, quindi andiamo oltre.

Oggi sono rientrati in patria tutti i giovani di mia conoscenza che hanno partecipato alla GMG di Cracovia appena conclusasi e non vedo l'ora di incontrarne qualcuno per sentire i racconti di quanto hanno vissuto ed emozionarmi ancora una volta con loro. Ma di questo parlerò in futuro, forse. Anche perché mi piacerebbe rileggere i vari discorsi che papa Francesco ha fatto in questi ultimi giorni e magari approfondirli un po', quindi spero davvero di poter riservare qualche post a questo splendido raduno di Cracovia che ha lanciato un bellissimo messaggio di pace al mondo intero (il che non mi sembra certo poca cosa).

Io, invece, il luogo più lontano che ho visitato nei giorni scorsi è stato Roma, per una toccata e fuga di cui prima o poi vi racconterò (Roma è pur sempre la Città Eterna, e una sua visita, per quanto breve, merita sempre di esser raccontata, soprattutto se avviene durante un Giubileo). Ed è successo che a Roma, mentre facevamo due passi al fresco delle librerie di via della Conciliazione per sfuggire al caldo assassino di fine luglio, mi sono imbattuta in un libro che puntavo da un po', ma che ancora non mi ero procurata perché il mio libraio di fiducia (Amazon) non lo aveva disponibile se non nella prima edizione. Io però volevo a tutti i costi l'ultima edizione, uscita qualche mese fa, perché avevo saputo che la prefazione era di un certo don Fabio Rosini. Insomma, in quella libreria di Roma mi trovo davanti questa copertina:


In men che non si dica - ma dopo aver comunque chiesto una falsissima approvazione del marito (non avrei accettato un no come risposta) - ero già alla cassa, a pagare con il meraviglioso sistema contactless, che sgrava persino dalla pesante incombenza di dover inserire il pin del bancomat (come sono avanti le librerie della capitale!) e, pochi secondi dopo, il libro era nella mia borsa. Sul treno di ritorno verso casa, quella sera stessa, ho iniziato la lettura, proseguita tutta d'un fiato e terminata un paio di giorni fa.

Che dire, sapevo sarebbe stato un libro molto bello perché consigliato da un'amica (grazie Valle!) e da don Fabio Rosini (la sua prefazione si può leggere qui), ma non conoscendone il contenuto, non sapevo bene cosa aspettarmi. E, soprattutto, non pensavo mi avrebbe messa in discussione. Invece è un libro davvero stimolante, nella sua semplicità. Dico semplicità per lo stile brillante con cui l'autrice racconta la propria storia, in una sorta di lettera / flusso di coscienza davvero ben scritto. Ma i contenuti, quelli di sicuro non si possono definire semplici. Anzi, tutt'altro.

Come dicevo, lo stile di Susanna Bo è davvero piacevole, il che facilita molto la lettura. In più, quella raccontata è una bellissima storia d'amore, elemento che ha contribuito a renderlo interessante per un'insaziabile curiosa di tresche amorose e inguaribile romantica quale sono. Detto questo, ci tengo a sottolineare che si tratta di una storia vera - e la scritta su sfondo giallo in copertina una vaga idea di questo concetto la trasmette già così, a scatola chiusa - quindi non certo di un romanzo rosa, se per caso a qualcuno fosse balenata in testa una simile idea.

In questa sua veracità risiede la splendida testimonianza di Susanna e di suo marito Luigi, che per dodici anni ha combattuto la sua battaglia, quella contro il cancro, mantenendo - almeno secondo il racconto di Susanna - una Fede salda, che è sicuramente un primo grande insegnamento di questo libro. La buona battaglia di Susanna, invece, continua, come quella di tutti noi. Per questo dico che è stata una lettura che mi ha messo in discussione. Perché finché va tutto bene, è facile e bello fare la propria professione di Fede. Magari una professione che non rimane solo quella del "Credo" della domenica, ma che può anche trovare riscontro nella vita pratica e, quindi, nella testimonianza. Però un conto è dirsi - e dimostrarsi - Cristiani quando, appunto, va tutto bene. Tutt'altro è farlo quando invece ci si trova nel bel mezzo di un combattimento: una malattia, un incidente, una catastrofe naturale, la mancanza di lavoro, o di un tetto sotto cui dormire. Susanna si è fortemente messa in discussione nei lunghi anni di malattia del marito e ha passato momenti di grande difficoltà, tutti umilmente raccontati in queste pagine, senza veli. E ciò rende la sua testimonianza ancora più forte, perché lei ha vissuto il buio e il dolore, eppure ha conservato - o ritrovato? - la Fede. Esiste forse catechesi più vera di questa?

Beh, direi che di mio io abbia scritto anche troppo, quindi lascio la parola a Susanna, riportandovi qualche piccolo estratto di questo grande libro. Se vi dovesse venir voglia di acquistarlo, ora Amazon è attrezzato e dispone anche dell'edizione con prefazione di don Fabio Rosini. Oppure, potete sempre uscire a fare due passi e lo troverete sicuramente in una libreria ben fornita. Un caro saluto e alla prossima!


Quella voce che di fronte all'evidenza dei fatti, e cioè che un morto è un morto, al di là di tutta la poesia possibile e immaginabile, cominciò a diventare sempre più forte, sempre più assordante: "Ma come? Niente cori angelici? Niente suono di campane? Niente di niente? Dove sono le fanfare del Paradiso? Dici che non le senti perché tu sei ancora qui sulla Terra? Allora scusa: come fai a essere sicura che le senta lui? Ah, ma perché tu credi in Dio. Già, dimenticavo. Il tuo buon Dio. (...) Ah, eccolo qui, il tuo Dio. Il tuo buon Dio. (...)" Shakespeare dice che il diavolo sa ben citare la Sacra Scrittura per i suoi scopi. (...) Lo fa spesso, soprattutto quando sente che sta perdendo terreno con un'anima e la vuole riportare a sé. Usa tutte le sue carte con quell'anima, le ricorda cosa diceva quel vangelo che il suo amico prete aveva aperto a caso poche settimane prima, e glielo ricorda lì, davanti al corpo senza vita del marito. Era il Prologo del vangelo di Giovanni, inizio del versetto 18: Dio nessuno l'ha mai visto... Dio nessuno l'ha mai visto... Era vero, pensavo, era proprio vero: Dio nessuno l'ha mai visto. E forse il motivo di ciò è proprio quello più ovvio: perché Dio non esiste.
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Ogni tanto c'è quella voce che viene a parlarmi e ogni tanto rispondo: "Ma tu che cosa offri? A parte l'angoscia, il suicidio, la disperazione e tutto il resto? A me questo Dio, che tu dici non esistere, offre la vita eterna. Il Paradiso, capisci? Che è già qui e me l'ha fatto provare. La perla preziosa. (...) Tu fai il tuo mestiere. Ti travesti da esame di coscienza, punti il dito, accusi. E riesci a farmi sentire in colpa. Sei bravo in questo. (...) Ma chi mi ha portato attraverso questi anni non ha avuto fretta. Ha intessuto l'ordito e la trama. Ha tirato i fili con calma, con la pazienza che si può usare solo a una figlia. E per quanto assurdo possa sembrare, oggi lo credo davvero: al di là dei dubbi e delle domande, al di là della ragione o della fede, io sono Sua figlia. E Lui è mio Padre". Ma poi lascio perdere. Insomma, smetto di dialogarci. Perché, me l'hai sempre detto anche tu, il segreto col demonio non è mica saper rispondere. Il segreto è non rispondere.
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Penso che sia sottilissimo, il confine che separa una disgrazia da una grazia. Solo la fede può varcare questo confine, farci fare quel salto che può illuminare anche i momenti più bui della nostra vita. Farci sentire amati e fortunati proprio quando avremmo tutti i motivi per disperarci. È così, credo che la fede sia proprio questo: un salto che si fa pieni di paura, temendo che sia nel buio. Per poi scoprire che è un salto nella luce.



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