Generazione GMG
17:33
Buonasera a tutti! Finalmente ho un po' di tempo per scrivere. No, non ho venduto il mio puffetto: si è semplicemente addormentato (non in braccio a me, per una volta).
Oggi vorrei raccontarvi una di quelle bellissime Dio-incidenze che accadono, di tanto in tanto, quasi come se Qualcuno volesse ricordarci perché siamo qui. Se ricordate, in un recente post (questo) dicevo che io e l'uomo della mia vita, al secolo Andrea, ci siamo conosciuti alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, nell'agosto 2011. Credo sia per questo non trascurabile dettaglio della nostra storia che ieri sera siamo stati chiamati a raccontare quello che abbiamo vissuto nelle GMG cui abbiamo partecipato ad un gruppo di giovani in cammino verso Cracovia 2016.
Onestamente, ho subito accettato l'invito senza pensarci troppo. Solo dopo, mentre pensavo a cosa avrei potuto raccontare, mi sono resa conto che mi venivano in mente solo enormi banalità. Alla disperata ricerca di qualche pensiero bello da condividere, ho iniziato a ripercorrere con la mente le tre giornate mondiali della gioventù che ho vissuto. Mille ricordi pieni di colori, sorrisi, festa, grande gioia (soprattutto ripensando a Madrid, ovviamente). E, all'improvviso, mi si è accesa una lampadina: Monsignor Sigalini.
Ricordo come se fosse ieri che appena tornata a casa da Colonia, ormai dieci anni fa, andai su internet a cercare il testo di quella catechesi di Mons. Domenico Sigalini che tanto mi aveva colpito pochi giorni prima. Ed è quello che ho rifatto ieri mattina: sono andata a cercare la trascrizione di quel discorso, di cui non ricordavo nemmeno una parola, ma se quelle parole avevano fatto breccia dentro di me a 16 anni e mezzo (ero proprio una bimbetta!), forse valeva la pena rispolverarle. E, ovviamente, ne ho avuto conferma: valeva davvero la pena!
Per farvela breve, ieri sera all'incontro non ho letto nemmeno un passaggio di quella catechesi ritrovata, però sono davvero felice di averla riletta tutta, perché mi sono resa conto di come quelle parole ascoltate in un tempo così lontano abbiano segnato poi il mio cammino. Insomma, mi ha aiutato un po' ad unire i puntini, ad accorgermi di come e quanto Dio sia intervenuto nella mia vita. Davvero Lui ha un disegno unico e meraviglioso su ciascuno di noi! Subito magari non riusciamo a scorgerne la grandezza e ci facciamo mille domande, ma se abbiamo la fiducia e il coraggio di lasciarci guidare, non rimarremo certo delusi!
Vi lascio con un breve estratto della famosa catechesi, rimandando i più curiosi alla versione integrale su questo sito. Vi auguro una buona lettura e vi ringrazio di essere passati di qua. Alla prossima! Tante buone cose!
Adorare non è un gesto di cortesia, tanto meno un gesto formale, non è il gesto storpiato del sacrista che deve passare troppe volte davanti al tabernacolo, non è una commozione, ma una impostazione nuova di tutta la propria vita nella direzione di quel Dio che si adora, di Gesù. È fare ordine nella propria vita, nei propri affetti, nelle proprie intenzioni perché ne è stato trovato il centro, il punto più alto, la meta. È dire a tutti che il nostro corpo, la nostra intelligenza si piegano, ma solo a Lui. Non è il danaro che ci farà piegare, non è il datore di lavoro o il professore, da cui spesso dipende il nostro benessere, non è nemmeno l’amato o l’amata, anche il più puro e il più sacro. Ricordate quanto ci diceva papa Giovanni Paolo II a Tor Vergata: “Voi pensate alla vostra scelta affettiva, e immagino che siate d'accordo: ciò che veramente conta nella vita è la persona con la quale si decide di condividerla. Attenti, però! Ogni persona umana è inevitabilmente limitata: anche nel matrimonio più riuscito, non si può non mettere in conto una certa misura di delusione”. Dio solo adorerai, Dio solo sarà cioè capace di riempire tutta la tua esistenza e di darti la felicità piena.Spesso siamo infelici perché moltiplichiamo le adorazioni, crediamo che la nostra vita possa inginocchiarsi davanti a tutti e a tante cose. No, ci si inginocchia solo davanti a Dio. Piegare le ginocchia non è un gesto di galateo, ma decisione di mettere la vita a servizio di Dio, riconoscerne la assoluta necessità nel nostro vivere quotidiano e essere sicuri di avere un Padre Onnipotente. Tu che pieghi le ginocchia sei un uomo o una donna nella sua grandezza, nella sua dignità, nello splendore dell’essere l’immagine di Dio. “L’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato”, dice il Salmo. Non c’è cosa creata che tenga, solo Dio merita la nostra adorazione. E solo questa adorazione si porta dentro la pienezza della nostra felicità.
Colui che adoriamo ha un volto come il nostro, ha occhi che sanno guardare con amore, ha orecchi che sanno ascoltare con pazienza, ha un sorriso che scioglie ogni nostra cattiveria, ha uno sguardo che penetra nel profondo delle nostre vite. Si commuove, piange di gioia e di tristezza, aspetta e sospira, accarezza e accoglie. È il volto di Gesù che chiama i discepoli, che stana Natanaele dalle sue sicurezze, che convince Pietro ad andare oltre le sue debolezze e impetuosità e a lasciare il suo lago. È Gesù che ci provoca continuamente: “Non sono un guaritore, non sono una riserva, non sono quello che fa i miracoli, non sono il tuo orsacchiotto di peluche, sono l’amore di Dio fatta persona”. È il volto intenso, che convince, ma non blandisce né costringe, che sostiene la libertà mal giocata del giovane ricco. È quel volto che anche oggi ti lancia quella scarica di verbi: va’, vendi, regala, vieni e seguimi. L’adorazione non è girare i tacchi, ma seguirlo.
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È Gesù che motiva ogni nostra fatica, in Lui troviamo ragioni di vita da giocare e da proporre. Sappiamo che le ragioni di vita non si depositano mai, o sono vive o non ci sono, non sono mai archiviabili, non esistono in biblioteca, non le puoi trovare neanche su Internet, te le devi sempre costruire, cercare, attendere, invocare, aspettare. Ti devi prendere in mano la vita ogni giorno, tu con la tua ingenuità e la tua debolezza. Gesù è una persona che ti invade la vita, che vuoi ascoltare e seguire, con cui lottare e stare in compagnia. C’è una vita di preghiera, di ascolto della Parola; ci sono momenti importanti in cui ti “ritiri sul monte a pregare”, ad affidare al Padre la tua vita. C’è una esperienza di salvezza che sta solo in Lui e che devi abitare.
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