Matrimonio come cantiere aperto

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È da un po' di tempo che ho in mente di scrivere qualche riflessione sul matrimonio, ma, purtroppo, da un po' di tempo mi manca il tempo. Da quando il piccolo di casa ha compiuto un anno - oddio come vola il tempo (tanto perché non avevo ancora scritto la parola tempo un numero sufficiente di volte) - ho ripreso a fare le mie angoscianti 8 ore di lavoro quotidiane e mi sembra di essere salita su una giostra che gira, gira, gira, a ripetizione, senza lasciarmi occasione di scendere nemmeno un secondo. Però non posso continuare a usare questa scusa della mancanza di tempo in eterno, sennò poi va a finire che la uso per tutto e smetto di vivere, solo perché presa da questa giostra impietosa. Allora eccomi qui, in una pausa pranzo risicata (sto mangiando davanti al pc), a buttare giù qualche pensiero sparso, come piace fare a me.

Negli ultimi tempi ho avuto diverse occasioni di soffermarmi a pensare un po' a questa nuova vita che abbiamo iniziato io e Andrea da un paio d'anni a questa parte e, soprattutto, a come la stiamo costruendo. Sì, perché ci è stato recentemente ricordato che il matrimonio è come un cantiere aperto, in continuo divenire, all'interno del quale occorre cooperare affinché sia possibile costruire insieme. La scienza gonfia, la carità edifica. In un matrimonio - così come in tutte le relazioni umane, in realtà - se non c'è la carità, non è possibile costruire, perché la diversità dei coniugi non riesce ad armonizzarsi e diventa avversità, si crea discordia. Laddove regna la carità, invece, le differenze abissali che separano marito e moglie diventano una ricchezza, si armonizzano e c'è concordia. Quando le pareti si innestano bene l'una nell'altra, la casa cresce.

Carità vuol dire portare il bene anche nelle situazioni in cui non ne vedi. Vuol dire ascoltare, condividere, stare accanto. Vuol dire non esprimere giudizi, ma saper abbracciare e guardare con benevolenza le difficoltà dell'altro. Vuol dire non cercare il proprio interesse, ma cercare di edificare la casa comune. Vuol dire dare il meglio di sé, anche quando si è stanchi dopo una giornata di lavoro stressante. Vuol dire scusare, sperare e sopportare tutto, nonostante tutto. La carità passa attraverso i gesti, non le parole. Per questo se anche c'è dialogo, ma non c'è carità, non si arriva da nessuna parte. Il dialogo può essere fatto di sole parole vuote, pronunciate senza amore. La scienza gonfia, la carità edifica.

Tutto molto bello, detto così. Ma pensando alla nostra quotidianità, concretamente, m'è preso un colpo: sembra tutto impossibile da realizzare, così fuori dalla nostra portata. Eppure, nella frenesia che caratterizza le nostre giornate, noi ci giochiamo la vita. Ce la giochiamo nelle piccolezze di ogni giorno, dal lasciare i calzini per terra in giro per casa, al dare una rispostaccia di quelle taglienti a una semplice domanda tipo "Cosa fai per cena?". Per questo è fondamentale riuscire a compiere i nostri piccoli gesti quotidiani con carità. La carità deve essere l'anima di tutto, in famiglia.

Nel bel mezzo di queste riflessioni, nei giorni scorsi mi sono imbattuta in un bel video, che racconta una "storiella" probabilmente costruita ad-hoc per ottenere il maggior numero di visualizzazioni possibili (oggigiorno se non pubblichi qualcosa di virale non sei nessuno), ma che ad ogni modo trovo sia davvero un bell'esempio di cosa sia quella carità da vivere giorno dopo giorno, soprattutto verso chi ci sta più vicino, che spesso è proprio colui o colei che più facciamo soffrire. Vi lascio a questo video, allora, nella speranza che, riguardandolo, mi aiuti a fare sempre più miei tutti quegli atteggiamenti tipici della Carità, raccolti da San Paolo nel suo splendido inno. La scienza gonfia, la carità edifica.

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