"Uno scrittore è una persona che scrive perché ha qualcosa da dire.
Altrimenti è solo un tizio che scrive per dire qualcosa."
Altrimenti è solo un tizio che scrive per dire qualcosa."
(Susanna Bo)
Ecco, io non sono una scrittrice e ne sono ben consapevole: temo di essere solo una tizia che scrive - per giunta nemmeno così bene - giusto per dire qualcosa. Però mi piace scrivere e in questo spazio posso farlo in assoluta libertà, senza costringere nessuno a leggermi, né a dovermi pubblicare o condividere. Scrivo e basta. Ma ogni tanto, grazie anche ad articoli come quello che sto per riportare, mi fermo a riflettere sui contenuti e sullo stile di ciò che scrivo. E mi chiedo: chissà se chi capita su questo blog percepisce l'amore che mi spinge a raccontare piccoli squarci di vita? "Solo parole pronunciate con amore toccano i cuori". Già, chissà...
In generale, penso sia una bella riflessione quella proposta da Avvenire in queste poche ma - a parer mio - "giustissime" righe. Quindi io mi taccio e lascio il posto a chi sa certamente scrivere meglio di me. Buona lettura e arrivederci alla prossima puntata.
[L'articolo originale lo trovate sul sito di Avvenire, nella rubrica "Vite digitali" a cura di Gigio Rancilio, a questo link]
[L'articolo originale lo trovate sul sito di Avvenire, nella rubrica "Vite digitali" a cura di Gigio Rancilio, a questo link]
Uno «stile cristiano» nell'abitare i social
Esiste uno "stile cristiano" col quale abitare il mondo digitale? Chi pratica tutti i giorni il mondo digitale sa quale urgenza abbia ormai assunto questa domanda. Non solo perché il pensiero cristiano e la fede rischiano di perdersi o, nel migliore dei casi, di venire confinati in mezzo a miliardi di altre idee, sentimenti e "fedi" laiche se non addirittura anti cristiane, ma soprattutto perché anche dove le idee e i sentimenti cristiani sono considerati preziosi spesso chi li commenta lo fa con uno stile che non è per nulla cristiano. A furia di essersi abituati a leggere sui social interventi sprezzanti su qualunque tema, anche alcuni credenti (o che si presentano come tali) hanno ormai l'abitudine di commentare post dedicati persino agli argomenti religiosi più delicati con una durezza lessicale che arriva a dimenticare anche le più elementari forme di educazione e di rispetto.Presi come sono dal dover commentare qualunque post, subito e a tutti i costi, sembrano dimenticare che in Rete, nel mondo digitale, anche lo stile è comunicazione. Cosa credete penserà di noi – noi credenti – una persona anni luce lontana dalla fede che si imbatte per caso in certi commenti presenti anche su alcune pagine Facebook "cattoliche"?Il Papa nel suo Messaggio per la 50esima Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali, lo scorso gennaio, ci aveva già ricordato come «non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell'uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione».Nel volume "La missione digitale", appena uscito, gli autori Giovanni Tridente e Bruno Mastroianni, hanno riletto il messaggio di Francesco in chiave social, creando una sorta di vademecum in sei punti, che tutti noi dovremmo imparare a memoria prima di muoverci su Twitter, Facebook, Snapchat e Instagram.
1. Ricorda che «l'accesso alle reti digitali comporta una responsabilità per l'altro, che non vediamo ma è reale, ha la sua dignità». 2. Ascolta gli altri e pensa che «ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui». 3. Prima di postare, impegnati a «scegliere con cura parole e gesti per (...) guarire la memoria ferita e costruire pace». 4. Deciditi a «non spezzare mai la relazione». 5. Nelle reti digitali «possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato (...) ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore». 6. Non dimenticare che «solo parole pronunciate con amore (...) toccano i cuori».
Alcuni giorni fa, Francesco, i cui profili social sono al top, ci ha spronato in un tweet: «Ai gesti di odio e distruzione, opponiamo gesti di bontà». Non parole da baci Perugina, ma gesti di bontà (anche digitali, mi permetto di aggiungere). Una bella sfida da fare nostra già in questa estate social. Perché anche nel mondo digitale lo stile è sostanza.